L'Italia in guerra 1896-1943

L'Italia in guerra 1896-1943

Por Stefano Poma

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Sinopsis

Il Novecento, per i contemporanei che ne festeggiavano l’arrivo, era il secolo delle grandi speranze e delle immense delusioni. Le speranze di pace che erano fiorite durante i felici anni della belle époque si inabissarono per sempre, come il Titanic. Le convenzioni dell’Aia del 1899 che dovevano garantire la pace europea vennero cancellate dal sangue dell’Arciduca Francesco Ferdinando versato a Sarajevo. Il secolo che prometteva un lungo e prosperoso periodo di armonia tra i Paesi europei portò presto le due più terribili e sanguinose guerre della Storia. Ultima delle sei grandi potenze, l’Italia scivolava nel Novecento reduce dalla terribile sconfitta di Adua e dai cannoni del generale Bava Beccaris che a Milano avevano sparato sul popolo in rivolta. Ma la grande proletaria, come la definì Giovanni Pascoli, per acquistare prestigio internazionale mosse il suo giovane esercito contro l’Impero ottomano per conquistare la Libia, all’epoca possedimento turco. Fu la scintilla che fece scoppiare il grande incendio dei Balcani che portò nell’agosto del 1914 allo scoppio della Grande Guerra. Nove mesi più tardi, ai primi di maggio del ’15, gli italiani erano ancora divisi tra neutralisti e interventisti. Tuttavia la notizia dell’entrata in guerra era nell’aria e in tutto il Paese si respirava l’ansiosa attesa dei grandi eventi. Una violenta trepidazione divampava sulla stampa e nelle piazze si celebrava l’euforia per l’intervento nelle radiose giornate di maggio. Il cinque, di ritorno da Parigi, Gabriele D’Annunzio sullo scoglio di Quarto inaugurò il monumento dedicato a Giuseppe Garibaldi, arringando una folla entusiasta dalla sua grande oratoria, agitando le sue corte ma vivaci braccia e trasformando l’interesse per l’imponente statua scolpita da Eugenio Baroni verso quello per la guerra contro l’Austria: “Voi volete un’Italia più grande non per acquisto, ma per conquisto, a prezzo di sangue e di gloria. Udite, udite: la Patria è in pericolo, la Patria è in punto di perdimento. Intendete? Avete inteso? Viva Trento e Trieste, viva la guerra”, concluse D’Annunzio, mentre la folla eccitata agitava i suoi eleganti cappelli. Quasi un milione di uomini partirono per il fronte e presto un’intera generazione vide spegnere il proprio entusiasmo nel fango e nei reticolati delle trincee. La vittoria non aveva accontentato nessuno e tutti si accorsero presto che Caporetto era stata una vittoria e Vittorio Veneto una sconfitta. Spaventata da una possibile rivoluzione rossa, l’Italia nel ’22 si svegliò fascista e inaugurò il periodo delle grandi dittature europee. Quarant’anni dopo la disastrosa impresa d’Abissinia nel ’36 attaccò l’Etiopia alla ricerca di un posto al sole, schierando nell’immenso continente nero il più grande esercito mai sbarcato in terra africana. Due anni più tardi gli italiani venivano informati dalle leggi razziali di appartenere alla razza ariana e un tragico vento di odio e di morte cominciava a soffiare da nord, dove nel folklore italiano volano le streghe che al loro passaggio causano terribili e inevitabili sciagure. Appena giunse il ’39 i chiromanti erano sicuri: i pronostici per quell’anno erano terribili e prevedevano perfino l’apparizione della stella cometa come fosco presagio. Nessuno vide mai la cometa ma il primo settembre le terribili previsioni risultarono esatte. La Germania nazista di Adolf Hitler trascinò il mondo nel buio abisso della guerra e Mussolini, tragicamente, vi trascinò dentro l’ultima Italia del Regno.

Stefano Poma